Don Oreste Benzi

Don Oreste a braccia aperte

Noi riteniamo che il problema droga sia un problema di significati di vita. I giovani arrivano alla tossicodipendenza per colmare il vuoto di significato. L’uomo ha bisogno di uno scopo per vivere, uno scopo che sia più grande della stessa vita. Lo scopo, la soluzione al problema droga, non è qualcosa, ma Qualcuno. Salvare un giovane della droga non vuol dire farlo smettere di usare l’eroina… Un ragazzo è salvo solo se incontra Qualcuno e in questa relazione sviluppa la pienezza di sé, scopre di avere un senso nel mondo, acquisisce un futuro e, soprattutto, si rende conto di far parte di un movimento più vasto che è la costruzione di cieli nuovi e nuova terra dove regna la giustizia di Dio… La droga è il surrogato di un bisogno di relazione, in definitiva è un surrogato di Dio“.

(don Oreste Benzi)

Per la Quaresima del 1980 il vescovo di Rimini, mons. Giovanni Locatelli, scrive una lettera alla comunità diocesana per stimolare la riflessione su cosa fare per contrastare il grave fenomeno della tossicodipendenza che colpisce fasce di giovani sempre più larghe. Don Oreste riunisce i membri della Comunità allora presenti e prende vita un acceso confronto sull’appello del vescovo. Ci si attiva subito per cercare di dare una risposta a questo dramma. Il 5 ottobre 1980 si apre così la prima comunità terapeutica a Igea Marina, a cui seguono varie altre realtà. 

È lo stesso don Oreste che, con i suoi volontari, va in cerca dei giovani tossicodipendenti nei pressi dei parchi, delle piazze e della stazione di Rimini. Sempre don Oreste tiene i primi colloqui nella fase di accoglienza delle persone tossicodipendenti che chiedono aiuto. All’inizio ci sono alcuni fallimenti, diversi accolti si allontanano o riprendono a fare uso di droga. La strada però è quella giusta. Di lì a breve si delinea un metodo per il recupero e il reinserimento sociale dei giovani tossicodipendenti che porta i suoi frutti positivi. 

Don Oreste diventa ben presto una delle voci più autorevoli a livello nazionale sui temi delle dipendenze, agendo anche a livello politico per ribadire il diritto di ogni persona a non drogarsi. Il programma predisposto nasce dalla scoperta che nei giovani che si drogano è fortissimo il bisogno dell’assoluto che porta alla riscoperta di Dio.

1980, Rimini. Don Oreste a colloquio con i primi operatori di Comunità per tossicodipendenti

Il percorso è ben strutturato. Sono state individuate le “tre fasi” che lo compongono (accoglienza, comunità, rientro) e vengono offerti programmi personalizzati e mirati. Nelle strutture gli operatori condividono con gli ospiti la propria vita.

L’uso di droga per don Oreste è il sintomo di un disagio interiore, dell’incapacità di creare legami forti e di dare risposte alle domande fondamentali della vita, favorito dalla mancanza di una decisa figura paterna. Le tipologie delle dipendenze nel corso di questi anni si sono diversificate e ampliate: oltre alla dipendenza da sostanze stupefacenti, sono cresciuti i casi di dipendenza “senza sostanza”, le cosiddette dipendenze comportamentali, tra le quali il dramma del gioco d’azzardo. Tutte comunque hanno origine da un disagio personale che incontra un contesto sociale che le favorisce.

Ogni 26 dicembre, festa di S. Stefano Martire, dal 1983 viene celebrata una S. Messa nella quale Don Oreste sceglie di festeggiare tutti coloro che hanno terminato il cammino terapeutico durante l’anno. Invita vescovi e cardinali a presiedere la celebrazione ed è particolarmente felice di vivere come Chiesa la rinascita di queste persone e delle loro famiglie. Questa “tradizione” prosegue tutt’oggi.

Guarda questo video in cui don Oreste parla delle tossicodipendenze:
Per approfondimenti sulla figura di don Oreste Benzi:

 

 

Alcune frasi significative di don Oreste sulla tossicodipendenza:

In comunità il problema era già sorto. La lettera del Vescovo fu la scintilla che fece scoppiare l’incendio. Nel maggio ’80 ci fu il primo giovane che si offrì per operare in mezzo ai tossicodipendenti; aveva un drogato con sé.

Li accolsi tutti e due. Il giovane si è come incatenato al tossicodipendente e non si è sciolto fino a quando le catene del giovane drogato non sono state spezzate.

Abbiamo imboccato la via giusta. Al primo giovane se ne unì un altro.

Don Oreste Benzi

“L’appello del Vescovo Giovanni alla Comunità perché ci facessimo carico dei tossicodipendenti accelerò in noi l’attuazione di un impegno che avevamo già intuito che dovevamo assumerci: la condivisione con i drogati per riportarli alla vita o meglio per farli incominciare a vivere.

Ci aprimmo così non alla comunità terapeutica, ma alla comunità di condivisione per il recupero dei tossicodipendenti perché la linea di fondo del nostro cammino è la condivisione e non la prestazione.

Don Oreste Benzi

“Abbiamo fatto la scoperta che caratterizza il nostro intervento: il tossicodipendente è un ‘malato d’amore’.

Non solo questa definizione data dai nostri Vescovi (Cfr. Pontificio Consiglio per la Famiglia, Dalla disperazione alla speranza, 1992, ndr) è vera, ma traccia anche la metodologia del recupero: far conoscere e sperimentare l’amore di Cristo Gesù.

Don Oreste Benzi, CONTRO L’OVVIO DEI POPOLI, Guaraldi, Rimini, ottobre 1992

La comunità di condivisione per il recupero dei tossicodipendenti è la famiglia come deve essere, è la scuola come deve essere, è l’amicizia come deve essere, è il lavoro come deve essere. Nella comunità terapeutica si offre al giovane ciò che non ha mai avuto.

Le terapie sono semplici: la terapia della verità, della responsabilità, del sacrificio, della fraternità e della gioia; la terapia dell’incontro con l’Assoluto, che non viene imposto, ma si respira. Dio si propone, non si impone. In ogni caso tutti i giovani, spontaneamente, tornano a porsi la domanda su di Lui.

Don Oreste Benzi, CON QUESTA TONACA LISA, San Paolo, Milano, 2001

Chiedete a una ragazzo che ha finito il programma: “Cos’è stato che ti ha fatto vincere?”. Vi risponderà: “I miei operatori”. “Perché?”. “Perché mi sono sentito voluto bene e perché mi hanno dato fiducia”. Ma nomina sempre un operatore, non tutti. Questo è il punto chiave! Quello che dici non entra nella mente se prima non entra nel cuore della gente, se tu non sei entrato nel cuore dell’altro.

Don Oreste Benzi, da un incontro del 12/05/2001

Il vero pericolo per molti adolescenti e giovani sta nel cambiamento radicale di mentalità: è lecito ciò che la legge permette e non più ciò che è morale oggettivamente secondo la coscienza. Quindi è lecito drogarsi, perchè la legge lo consente». […]

Di fronte alle numerose “bugie” del sostenitori della liberalizzazione della droga noi ribadiamo che drogarsi è sempre un male, sia per l’uomo che si droga che per la società, e che la soppressione delle sanzioni penali non significa che lo stato e la società civile debbano abdicare ad un preciso compito costituzionale, come la tutela della salute e del benessere di ogni cittadino. Proibire non significa punire, ma rispondere ad un aspetto del compito educativo, nel saggio equillbrio fra premio ed assunzione di responsabilità, per una crescita armonica.

Don Oreste Benzi, Avvenire 12/09/1993