Profondamente colpita dall’alluvione in Romagna, la Struttura Terapeutica di Sant’Antonio riapre oggi grazie all’aiuto di volontari e di un crowdfunding
Di Sara Tonini
È trascorso ormai un anno da quei giorni di pioggia, fango e paura. A inizio maggio 2023, infatti, l’Emilia-Romagna è stata colpita da giornate di alluvioni che hanno portato ad allagamenti, straripamenti e frane soprattutto nella zona di Faenza, in provincia di Ravenna, e Forlì-Cesena. Tanti i comuni, le abitazioni e le realtà colpite, tra cui la Comunità Terapeutica di Sant’Antonio (Faenza) della Cooperativa Comunità Papa Giovanni XXIII.
La struttura è stata completamente danneggiata tant’è che per più di undici mesi è stata inagibile e solo da poco, a un anno dall’alluvione, la Comunità Sant’Antonio ha ripreso a funzionare e ad essere popolata.
Ma quegli attimi di terrore sono ancora impressi negli utenti ed operatori che, vedendo l’acqua continuare a salire, per giorni hanno provato a contattare i soccorsi nella speranza di essere evacuati. Ma, a causa delle condizioni emergenziali di tutta la zona, questi sono tardati ad arrivare. Luxia, operatrice presso la struttura, ci racconta quei momenti: “Sono state ore lunghissime. Prima dovevano venire i soccorsi in canoa, poi in elicottero, che però non arrivava mai: l’acqua continuava a salire e i cellulari iniziavano a scaricarsi. Quando è arrivato l’elicottero che ha portato via le prime persone era già l’una di notte, l’acqua era all’ultimo piano, a tre metri da terra”.
Il primo elicottero fa tirare un sospiro di sollievo, ma la situazione rimane ancora a lungo difficile. “Dopo i primi soccorsi, è passata un’ora e mezzo prima che un altro aeromobile venisse a prendere i successivi. Nel frattempo non si poteva andare in bagno, si usavano dei secchi e poi si gettava tutto fuori dalla finestra, non si capiva quando sarebbe passato il secondo elicottero. Il tutto al buio, perché le luci ovviamente non andavano.
È stato tutto molto caotico, e nel mentre l’acqua continuava a salire. A un certo punto si sono anche visti due maiali galleggiare: qui vicino alla struttura c’è un allevamento di maiali che, a causa delle forti piogge, venivano trasportati dall’acqua e dal fango”.
Scene quasi apocalittiche e attimi di terrore che hanno segnato profondamente le persone accolte nella struttura terapeutica, tanto che per molte di loro, ancora oggi a un anno dall’alluvione, è difficile parlarne. “Nei giorni successivi all’evacuazione molti continuavano a fare incubi, o anche solo sentire il rumore di un elicottero in lontananza poteva portare ad attacchi di panico – racconta Luxia- tutti i coinvolti hanno fatto dei cicli di EMDR con una psicologa, svolgendo sia sedute come singoli sia incontri collettivi. Poi ciascuno ha rielaborato in modo diverso, ma molti ancora fanno fatica a raccontare quel giorno e mezzo di paura ed attesa.”
E poi c’è la vita comunitaria della struttura ad essere stata profondamente toccata, tanto che quattro persone delle nove ospitate al tempo in CT, hanno deciso di abbandonare il percorso terapeutico. La metà degli utenti, quindi, dopo quella sera, lascia la Comunità e il programma. Ma c’è anche chi, come Valerio, sceglie di restare. “Anche se avevo appena terminato il programma terapeutico non potevo non restare, volevo tornare a casa” racconta Valerio. “Il primo pensiero è stato di poter essere d’aiuto a tutti i ragazzi che sarebbero venuti dopo di me, portarli all’interno di questa Comunità che mi aveva accolto, dove io ho passato due anni e mezzo tra difficoltà, limiti e fragilità, e dove ho conosciuto i miei punti di forza. Volevo che i ragazzi che sarebbero passati di qui avessero l’opportunità di conoscere che bell’ambiente è la Comunità di Sant’Antonio.”
Valerio insieme ad altri utenti e volontari aiuta nei lavori per la ricostruzione della struttura per mesi; hanno sistemato tutto loro, ad eccezione di qualche lavoro all’impianto idraulico ed elettrico. I danni alla struttura erano talmente alti, che per giorni si è pensato di non riaprirla più. Ma poi, la volontà delle persone rimaste in Comunità, i volontari e le tante donazioni arrivate dalle realtà vicine e tramite crowdfunding hanno permesso, a un anno dall’alluvione, di riaprire le porte di Sant’Antonio. “Svegliarsi finalmente qui la mattina è diverso. Apri gli occhi e sai di essere a casa” racconta Valerio. “Essere qui è tranquillità, è serenità, è sapere dove appoggi i piedi per terra”.
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